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18 anni cosa cambia nella vita di un soggetto autistico.

Dopo i 18 anni cosa cambia??

L’imbarazzante paradosso italiano!

Negare l’esistenza di un autismo “adulto” è come negare l’esistenza dell’autismo stesso e deresponsabilizzare la società dal dovere di garantirne l’inclusione

Esattamente il giorno del diciottesimo compleanno di un figlio autistico tutto cambia……o quasi! Perchè questo?
Cambiano le problematiche e le esigenze di una famiglia in cui ci sia un componente autistico? Certo che no!!
Allora cosa cambia? Vediamo!

I genitori lo sanno bene che non è certo un’etichetta diagnostica a condizionare il loro modo di guardare i propri figli ma sanno anche che, dopo 18 anni di calvario, questo è ciò che ha garantito loro quel minimo di servizi che lo stato dedica alla popolazione autistica.

L’autismo è una neurodiversità da cui non si guarisce, si nasce autistici e si muore autistici. Negare l’esistenza di un autismo “adulto” è un po’ come negare l’esistenza dell’autismo stesso.

Quello del compimento della maggiore età per le persone affette da disturbo dello spettro autistico e per le loro famiglie è un vero e proprio passaggio alla ‘clandestinità’!

Fino ai 18 anni il Tsmree delle varie Asl (Tutela Salute Mentale e Riabilitazione in Età Evolutiva) garantisce percorsi educativo-riabilitativo svolti da equipe multidisciplinare e da operatori qualificati rivolti soprattutto a bambini e adolescenti in giovane età che mirano a garantire loro una maggiore autonomia possibile.

Con il passaggio alla maggiore età iniziano i problemi, primo fra tutti comprendere quale organismo pubblico debba farsi carico delle loro problematiche visto che il Tsmree si occupa di ragazzi fino ai 18 anni.

Il contenitore educativo e sociale della scuola, infatti, tende via via a concludere la sua funzione e sono scarsi i progetti sociali e sanitari che possano dare, in questa fascia di età, un adeguato sostegno e una risposta concreta ai bisogni di sviluppo e di benessere.

Non dimentichiamoci poi delle difficoltà che si profilano angosciosamente all’orizzonte di quei genitori che, invecchiando, non sanno chi materialmente si prenderà cura, dopo di loro, del proprio figlio ormai adulto ma ancora con tanti bisogni di cura.

Esistono chiaramente delle esperienze virtuose, in termini di organizzazione dei servizi e di offerta di interventi volti alla promozione del benessere, in aree del nostro paese storicamente attente alle esigenze di chi soffre.

Purtroppo, però, queste esperienze non sono la norma!!

Lo Stato Italiano dunque se ne dimentica lavandosi spesso le mani attraverso l’erogazione di un certificato di invalidità al lavoro che se da una parte garantisce una pensione di base dall’altra preclude qualsiasi possibilità di inserimento nel mondo del lavoro e di inclusione sociale.

Non hanno più l’età per essere seguiti dai neuropsichiatri infantili e neppure gli psichiatri possono fare molto perché la loro è una semplice disabilità. I ragazzi perdono, molto spesso, quasi completamente l’autonomia acquisita in anni di duri sacrifici!

I genitori diventano una sorta di reclusi in casa, dovendo badare ai propri ragazzi con un carico assistenziale decisamente troppo elevato.

Quando il figlio diventa più grande i genitori invecchiano il problema diventa una montagna difficilmente scalabile! In questa fase subentrando anche l’angoscia di chi si occuperà e prenderà cura del proprio figlio dopo che loro non ci saranno più o quando saranno troppo anziani per prendersene cura.

La prima età adulta si configura come una fase del ciclo di vita particolarmente delicata e complessa di tutti figuriamoci per le persone affette da disturbo dello spettro autistico.

Pensiamo davvero che l’isolamento sociale possa aiutare chi già, per caratteristiche personali, tende ad isolarsi?

Cosa dire delle necessità dei familiari che, andando avanti con l’età, si trovano ad essere l’unico riferimento in assenza di istituzioni sanitarie e sociali che offrano opportunità e contesti adeguati di cura e crescita?

Ovviamente, alla luce dei fatti, serebbe opportuno batterci per una ‘presa in carico globale’ della persona con disturbi affettivi e relazionali. Ciò significa che lo Stato dovrebbe prendersi cura di loro in ogni fase della vita.

Anche dopo il compimento dei 18 anni il loro miglioramento delle autonomie acquisite dovrebbe essere garantito sia all’interno della propria abitazione ma anche all’esterno.

Purtroppo così ancora non è e Assistenza Viva propone il suo progetto in soccorso per migliorare la vita del soggetto autistico adulto! Visita la nostra pagina https://www.livorno.assistenzaviva.it/autismo/

 

Estratto da: https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/commenti/2015-03-16/autismo-terra-nessuno-maggiore-120731.php?uuid=AbdE5USL&refresh_ce=1