Coronavirus e anziani. L’allarme dei geriatri!
Quello che preoccupa non è solo l’elevatissima mortalità ma è la fragilità il vero rischio!
La Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio evidenzia alcune delle complicazioni legate all’infezione. I rischi nelle case di riposo, le conseguenze psicologiche e sociali e il problema del “sommerso”.
Promosso uno studio negli anziani con infezione da Covid-19 che misura il ruolo della fragilità nel determinare l’accesso alle terapie invasive e il rischio di mortalità.
Le conseguenze sugli anziani infatti non si limitano alla elevatissima mortalità (quasi il 90% dei deceduti da Covid-19 ha più di 70 anni); ma la pandemia ha fatto emergere il concetto che è soprattutto l’anziano fragile ad essere ad alto rischio di disabilità funzionale, cognitiva e psico-sociale.
Tali disabilità rendono per l’anziano difficile un ritorno alla condizione precedente l’infezione: questa è la chiave di lettura da applicare all’analisi del rapporto tra anziano e infezione da coronavirus”.
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità in merito all’epidemia da Covid-19 in Italia mostrano che le fasce d’età più colpite da mortalità sono quelle tra i 70 e i 90 anni, un dato confermato anche a livello globale dall’Oms. Questo aspetto merita una riflessione approfondita per capirne la reale portata.
La definizione di “anziano fragile” fa riferimento a quel soggetto che di fronte a un evento di stress, quale è la pandemia da Covid-19, non è in grado di rispondere in maniera adeguata e quindi soccombe, con un aumentato rischio di eventi negativi: mortalità, disabilità e aggravamento delle proprie condizioni generali.
Lo studio della fragilità nell’anziano costituisce pertanto un fattore cruciale nella valutazione delle decisioni cliniche da prendere, spesso difficili in un momento di pressione per il sistema sanitario come quello di queste settimane.
C’è un alto numero di ricoveri ospedalieri e di interventi sanitari che non sono semplici da gestire.
Le priorità spesso vengono stabilite prevalentemente in base all’età del paziente.
Presa singolarmente, però, l’età non può fornire indicazioni precise sulla prognosi del soggetto, basti considerare la grande eterogeneità funzionale e clinica che presentano anziani della stessa età.
Per questo è necessario valutare il grado di fragilità del paziente, che è dato dalle comorbidità e dall’assetto funzionale, cognitivo e psicosociale dell’individuo. Questa valutazione multidimensionale è molto importante nell’approccio clinico all’anziano se non cruciale per la prevenzione e la cura dell’anziano.
Sulla base di questo principio si propone lo studio che coinvolgerà anche alcuni paesi Europei sulla valutazione multidimensionale degli anziani con infezione da Covid-19.
Lo studio misurerà il ruolo della fragilità nell’accesso alle terapie invasive e sulla mortalità nei pazienti anziani affetti da coronaviru. Solo così riusciremo a capire il peso della fragilità nel determinare le conseguenze di questa infezione.
Se negli ospedali il numero di ricoveri degli anziani è elevatissimo, la situazione è preoccupante anche nelle case di riposo e nei centri per anziani, come diverse vicende di cronaca hanno testimoniato.
Queste realtà appartengono a un insieme molto eterogeneo, sia a livello nazionale che locale. Tuttavia, è possibile affermare che siano oltre 300mila gli anziani assistiti presso i presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari attivi in Italia.
Gli anziani che si trovano all’interno di una RSA sono per lo più soggetti fragili e costituiscono una popolazione ad altissimo rischio. Inoltre, vivono in una condizione di comunità, nella quale un virus può avere una diffusione molto rapida. Ne consegue l’ importanza della prevenzione e la cura della fragilità mediante percorsi di attività fisica e stimolazione cognitiva a distanza finalizzate al mantenimento delle performances motorie e cognitive residue.
Un altro aspetto emerso in merito alla popolazione anziana è la fragilità psico-sociale che viene aggravata da questa pandemia: la solitudine dell’anziano, infatti, ha conseguenze!
Per esempio quelle pratiche della gestione delle vicende domestiche e la totale mancanza dei consueti contatti che migliorano la vita dell’individuo.
Bisogna tenere presente che la fragilità si previene e si cura attraverso l’esercizio fisico/fisioterapico e la vita sociale, non praticabili in questo momento di chiusura totale delle case e dei punti di aggregazione.
Infine, gli anziani in solitudine e costretti nelle proprie abitazioni potrebbero in qualche modo essere condizionati e non rivolgersi al pronto soccorso o ad altre strutture sanitarie anche in caso di reale necessità.
Questo comportamento rischia di creare un ‘sommerso’ sanitario di cui non si hanno ancora dati precisi e che può emergere solo attivando efficaci strumenti alternativi di contatto medico-paziente.
Sfruttando, per esempio, le metodologie della telemedicina e l’impiego di tecnologie innovative domotiche e robotiche che permettono il monitoraggio e la cura a distanza dei pazienti.
Gli anziani non sono oggi preparati a sfruttare pienamente le tecnologi!
In questo ambito importante è il ruolo dei caregiver e dei familiari che possono accompagnare ed aiutare l’anziano ad accostarsi alla tecnologia in modo costruttivo ed attivo e non passivo come attualmente per lo più viene proposto dai media televisivi”.
Insomma, il mondo dell’anziano è a rischio!
Preservare e curare al meglio gli anziani è cruciale per una comunità e non è così scontato che ci siano tanti decessi che riguardano gli anziani né questo deve essere accettato con sufficienza o con rassegnazione.
http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=83814